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Il caffè

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Il caffè istantaneo è nato a Torino nel 1884, in seguito all’invenzione della macchina per produrlo, brevettata da Angelo Moriondo con il brevetto n. 33/256 del 16 maggio 1884.[2] Fu successivamente realizzato con brevetto del 20 novembre 1884 vol. 34 n. 381. L’invenzione fu poi coperta da brevetto internazionale mediante registrazione avvenuta a Parigi il 23 ottobre 1885.

Tale invenzione nasceva dall’esigenza di soddisfare la richiesta della clientela del suo locale sito nel centro di Torino, in un tempo più breve di quello consentito dalle metodologie fino a quel momento utilizzate.

La macchina per il caffè istantaneo può essere erroneamente confusa con la macchina per il caffè espresso ma esse differiscono per caratteristiche tecniche e qualità del prodotto finale.

La macchina per il caffè espresso ha caratteristiche tecniche proprie e differenti da qualsiasi altra macchina pensata e costruita per produrre caffè in forma di bevanda.

La macchina per il caffè espresso permette sì di arrivare velocemente al prodotto finale e di esaltarne gli aromi ma soprattutto di renderlo finemente cremoso partendo dalla materia prima in purezza, unicità questa che lo ha reso famoso a livello globale e particolarmente rappresentativo dello stile di vita italiano.

La macchina per il caffè espresso fu inventata e brevettata nel 1901 dal milanese Luigi Bezzera.[3] Il brevetto di contenuto totalmente nuovo nonostante il freddo linguaggio della burocrazia lo descrivesse come innovazione, consisteva infatti nella macchina stessa, in ogni sua parte e nella sua interezza, che adottava per prima la maniglia portafiltro singola cioè per una sola tazza, soluzione da allora mai abbandonata. La macchina veniva interamente prodotta nell officina di Via Volta, nel Centro di Milano.

Nel 1902 il brevetto venne poi acquistato da Desiderio Pavoni che fondò la ditta La Pavoni e incominciò la produzione in serie (una al giorno), in una piccola officina di via Parini a Milano. In breve tempo i ritmi di produzione divennero frenetici.

Successivamente il torinese Pier Teresio Arduino ispirandosi alla locomotiva a vapore, idea nel 1910 una macchina dall estetica molto curata che si potrà poi trovare nei bar di mezza Italia.

Il caffè prodotto con queste macchine era comunque molto diverso da quello attuale e probabilmente potrebbe risultare per noi oggi perfino sgradevole. Era un caffè poco consistente, non cremoso molto amaro e soprattutto caratterizzato dal sapore di bruciato.

Pietra miliare nell’evoluzione della preparazione del caffè, finalmente, l’invenzione del 1938 di Achille Gaggia, barista milanese, superava l’utilizzo del vapore, tecnologia propria delle macchine prodotte fino a quell epoca e introduceva un sistema di pistoni che spingono acqua ad alta temperatura attraverso la polvere di caffè. Era la prima macchina per il caffè espresso a pressione. Il suo prodotto finale è il caffè espresso così come noi lo conosciamo, non più amaro, privo del sapore di bruciato, denso e cremoso. Le attuali macchine sono semplice miglioria tecnica della macchina per il caffè espresso creata da Achille Gaggia, dalla sua passione per la qualità, frutto di un lavoro di ricerca approfondita, ostinata.

Ricerca portata avanti in parallelo a quella di Antonio Cremonese, titolare di un bar a Milano. L’incontro tra i due rappresenta la svolta nella storia della macchina del caffè. Entrambi consapevoli del potenziale del caffè, fino a quel momento inespresso e insoddisfatti del suo livello qualitativo, entrambi alla ricerca, appunto, di una tecnica produttiva in grado di trasferire le caratteristiche organolettiche della materia prima nella bevanda, si sono conosciuti e si sono tenuti in contatto condividendo i rispettivi percorsi di ricerca. Entrambi svolgevano la loro attività lavorativa in Centro a Milano. Achille Gaggia in Viale Premuda 14, zona Porta Venezia, nel bar di famiglia, il Caffè Achille. Antonio Cremonese era titolare del bar Mokasanani in Via Torino, zona Duomo. Antonio Cremonese (1892 1936) ha depositato nel 1936 il brevetto n. 343 230 con la certificazione del metodo detto “rubinetto a stantuffo per macchina da caffè espresso”. È questo il primo brevetto in assoluto di una macchina per fare il caffè che chiama espresso il suo prodotto. È l’abbandono della tecnologia del vapore e la creazione della prima crema caffè. Nello stesso anno Antonio Cremonese morì prematuramente e Achille Gaggia acquistò il brevetto dalla Vedova, Signora Rosetta Scorza.

L’invenzione è stata epocale e il lavoro di Achille Gaggia da quel momento in poi è stato quello di migliorarla e renderla compatibile con la produzione in serie. Riesce ad arrivare a gestire tutta la fase in cui l’acqua ad alta pressione passa attraverso il caffè macinato con il procedimento soprannominato a torchio (sistema lampo). Deposita il relativo brevetto n. 365726 in data 5 settembre 1938 rilasciato in data 12 dicembre 1938. Il brevetto è la novità assoluta nel modo di estrarre il caffè e sublima nel mito fondativo non solo di un marchio ma di un modo imprescindibile di consumare il caffè, cremoso e consistente, persistente nel gusto e con aroma intenso, unico in ogni sua caratteristica e che non ha precedenti. È davvero la rivoluzione copernicana. È l invenzione del caffè così come lo conosciamo noi e che è detto espresso e della crema caffè.

Nel 1947 Achille Gaggia registra un secondo brevetto con l’introduzione del pistone e la sostituzione del sistema a torchio con una leva che spinge a 9/10 atmosfere l’acqua nel caffè macinato. L’acqua a quel livello di pressione riesce ad estrarre gli aromi che danno la tipica pienezza al gusto e le componenti che danno origine alla crema. Il caffè è attraversato dalla sola acqua e conserva integralmente le sue caratteristiche olfattive e gustative “nella tazza”. L’aroma intenso in particolare sancisce l’enorme, velocissimo successo della “crema caffè espresso” e rende questo modo di assaporare il caffè, detto poi all’italiana, come uno dei simboli più famosi del “made in italy”.

Il termine espresso fa riferimento alla sua preparazione rapida fatta al momento, un’idea poi sfruttata anche per le sue prime efficaci cartellonistiche.